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Il Castello di Sant’Eraclio – Divina Foligno Skip to main content
L’area su cui insiste il castello era già abitata dagli umbri molti secoli prima di Cristo. Il Castello di Sant’Eraclio è un interessante esempio di castello di pianura ancora ben conservato. Fu eretto da Nallo Trinci signore di Foligno, verso la fine del XIV secolo, assieme all’alta cinta muraria. Oggi rimangono le due torri laterali e le due porte di ingresso – una verso Foligno e l’altra verso Trevi – con ancora la struttura per il ponte levatoio. All’interno delle mura si trova l’antica chiesetta, la torre di vedetta parallelepipeda, in origine più alta con una terrazza a merli, che fu abbassata nel 1775 di 8 metri circa. All’interno vi era la cosiddetta “casa castellana” costituita da due piani: al piano terra un’ampia loggia che fungeva da mercato e luogo di assemblea ora chiusa e al piano superiore il salone d’onore e l’appartamento del castellano. Il castello fu rifugio per gli abitanti in tempi di guerra con la caduta dei Trinci nel 1439 tornò alla chiesa e fu gestito dai legati Pontifici. Nel XV secolo passò alla comunità di Foligno insieme ad altre rocche e castelli per concessione di Papa Callisto III. LA CHIESETTA DEL CASTELLO La chiesetta del Castello, originariamente con il titolo di Sant’Eraclio, il cui culto è attestato già nel 982 d.C. rinominata poi Santa Croce, conserva alcuni affreschi di pittori folignati come la Madonna col bambino e i Santi Giovanni Battista, Sebastiano e Lorenzo, attribuito a Cristoforo di Jacopo e un San Rocco più tardo di Bernardino Mezzastris. Sulla facciata invece una riproduzione del XIX secolo della lapide con lo stemma dei Trinci. PIAZZA DI SANT’ERACLIO Sul piazzale fuori dal Castello si trovano una fontana monumentale con tre protomi leonine del XVI secolo, commissionata da Paolo III e recante il suo stemma, una colonna sormontata da croce di Nicola Brunelli, dove la tradizione vuole che sia stato martirizzato il Santo e la Chiesa di San Marco, costruita nel 1597 e trasformata a tre navate nella prima metà del XVIII secolo da Feliciano Mazzarello.